L’appuntamento con le nuove annate di Montevertine rappresenta un’ottima panoramica sull’intero territorio del Chianti Classico. Ciò può apparire, ai meno esperti, un paradosso: come è possibile che vini fuori dalla denominazione possano rappresentare al meglio il luogo di provenienza? È semplice: i vini di Martino Manetti vantano non solo una cristallina coerenza qualitativa ma sono testimoni eccellenti di una filosofia aziendale determinata a non influenzare con eccessivo accanimento enologico i riflessi cangianti di ogni singola vendemmia. L’impiego di vitigni di tradizione chiantigiana, sangiovese in primis, e il luogo di origine, Radda in Chianti, rendono, in ulteriore istanza, con buona approssimazione il quadro generale di un andamento qualitativo ben più esteso rispetto ai confini aziendali.
Tale disposizione produttiva è stata ereditata dal padre Sergio, fondatore dell’azienda che, in vita, difese strenuamente le qualità del sangiovese di fronte all’arrembaggio dei vitigni alloctoni ampiamente coltivati nella internazionalizzazione del Chianti Classico. Una lungimiranza che oggi viene finalmente accettata dai più, tanto da stimolare interessanti riflessioni anche oltre confine, ma che al tempo definiva un ostinato carattere, poco incline ai compromessi di mercato e rispettoso delle tradizioni più vere di un territorio troppo sputtanato da poca attenzione alla qualità e rapaci interessi industriali.
Martino ha saputo continuare, alla scomparsa del padre, il medesimo percorso che oggi arride all’azienda. Montevertine è un’azienda di culto. I suoi vini, vecchi e giovani, sono ricercati e preziosi. Dalla cantina emergono bottiglie rare, sperimentazioni antiche, singoli vigneti selezione di un tempo e bianchi da trebbiano. Ogni vino è una gioia da bere o da invidiare a chi ha avuto la fortuna di berne.
Quest’anno è la volta delle annate 2019, Pian del Ciampolo, e 2018, Montevertine e Le Pergole Torte. I vini sono stati presentati durante un pranzo in azienda. L’etichetta è cambiata. Nessun timore per gli integralisti (come il sottoscritto) l’etichetta di Alberto Manfredi è al suo posto come, del resto, le etichette narranti di Pian del Ciampolo e Montevertine. Dietro compare, in cameo, il ritratto di Sergio Manetti a celebrare il centenario dalla nascita 1921-2021.
«Sono vendemmie molto diverse – dice Martino – la 2019 è un’annata calda che ha originato vini accessibili e ampi; la 2018 la definirei “raddese”; decisi sbalzi di temperatura che assicurano vini taglienti, acidi e tannici di grande prospettiva».
È proprio così. Il Pian del Ciampolo 2019 è aggraziato, ricco di frutto e delicato con tannino appena accennato e percorso succoso; vino delizioso nel complesso. Si torna a parlare del classico Pian del Ciampolo dopo almeno due vendemmie, 17 e 18, per diversi motivi devianti dal percorso fragrante e immediato che questo sangiovese ha insegnato a conoscere e apprezzare. Martino sottolinea come il 40% del vino sia ottenuto da torchiatura delle uve destinate al Montevertine e a Le Pergole Torte. Riflessione dalla quale scaturisce un ragionamento complessivo su questa azienda che vorrei posticipare alla fine.
Il Montevertine 2018 è esemplare. L’annata raddese si sente nella levità della materia e nella progressione ricca di sapore con tannini ben intrecciati alla freschezza acida che dona succo e aromi di arancia rossa, molto tipici per il sangiovese di questi luoghi.
Le Pergole Torte 2018 è un capolavoro. Lo annovero già tra le migliori annate degli ultimi dieci anni e non credo di rischiare la reputazione (se ci fosse). Ancora avvolto nelle componenti più embrionali del suo sviluppo, quali tannini serrati e acidità sostenuta, evidenzia proprio su queste direttrici la grazia di un’espressione che fa coincidere complessità e sottrazione.
Torniamo al concetto del vino torchiato dentro al Pian del Ciampolo. Martino ci dice che molti distributori rimangono basiti quando chiedono quantità illimitate del mal compreso “vino base” aziendale. La quantità di bottiglie del Pian del Ciampolo è inferiore a quella di Montevertine e di Le Pergole Torte. L’obiettivo aziendale è quello di ottenere la massima qualità possibile dalle uve coltivate che sono destinate ai vini più rappresentativi. Ciò che non soddisfa i criteri di eccellenza viene destinato al terzo vino. Non è un caso che la quantità del terzo vino sia inversamente proporzionale alla qualità dell’annata.
Con buona pace di chi, nel terzo vino di una azienda di riferimento, cerca un marchio (e la sua serialità) e non la bontà della viticoltura svolta; a Montevertine vige ancora una metodologia agricola di produzione a garanzia di chi ha scelto questa fattoria come punto di riferimento per una denominazione non rappresentata in etichetta ma rispettata nello spirito e nel gusto che, alla fine, è ciò che conta.