La prima verticale storica di Bolgheri rosso Le Macchiole coincide con la fase iniziale della vendemmia 2021. C’è, infatti, un’aria allegra a indaffarata nel cortile aziendale che si affaccia sulla ormai celebre strada provinciale bolgherese. Nonostante il momento delicato – la raccolta dei grappoli chiosa un intero anno viticolo denso di sforzi e attenzioni e l’annata calda ha moltiplicato le cure delle vigne – le persone qui intorno sfoderano sorrisi veraci e sguardi luminosi; certo l’aria di mare la senti nei polmoni e questo contribuisce al buonumore. Ma oltre al clima, l’energia che vibra qui a Le Macchiole è interamente umana. La si deve al decennale lavoro di Cinzia Merli che ha avuto l’intelligenza di coltivare competenza agricola e professionalità concrete in un territorio il cui il clamore del successo enologico ha anticipato di qualche anno la verità del terroir che sta con pazienza emergendo in questi ultimi anni.
La concretezza è anche della terra: da tempo l’attenzione dell’azienda è tesa sia alla vitalità del suolo – con interventi quali il sovescio e l’uso di preparati biodinamici – sia all’equilibrio vegetativo delle piante attraverso forme di allevamento idonee alle singole varietà coltivate. I nuovi impianti sono progettati secondo un’idea parcellare di vocazione (sempre più in altitudine) tralasciando la logica espansiva che ha caratterizzato la crescita degli ettari vitati della denominazione. Il percorso di consapevolezza aziendale si è focalizzato quindi sulla viticoltura per definire in modo stringente il concetto di territorio nei vini prodotti i quali, già qualche tempo fa, avevano sedotto la critica internazionale che li aveva posti ai primi posti delle classifiche di settore.
È in questa ottica che la verticale di Bolgheri rosso ha permesso di gettare uno sguardo retrospettivo relativo agli anni dell’affermazione dei vini di Bolgheri grazie a modelli internazionali e omologati di riferimento, nei primi anni duemila, fino a oggi, quando l’appartenenza è divenuta valore fondamentale nell’espressione del vino definendo il concetto di denominazione ben oltre il significato aleatorio del termine.
Il Bolgheri rosso nasce nel 2004 dieci anni dopo Messorio, 100% merlot, e Scrio, 100% syrah, vini da singole varietà che hanno seguito nella genealogia aziendale il capostipite Paleo, cabernet franc in purezza dalla vendemmia 2001. Non è un caso che il vino a denominazione sia l’ultimo realizzato da Cinzia. La nascita del vino coincide con la matura presa di coscienza del territorio a disposizione che si vuole declinare attraverso la proporzione del sorso rispetto alla concentrazione della potenza gustativa con la quale Bolgheri si è affermata nel mondo enologico.
Le annate in degustazione sono tutte quelle prodotte: dal 2004 al 2019. Una vertigine di bottiglie, in magnum, che esprime molto bene nel suo complesso il percorso aziendale. Nei sedici bicchieri sul tavolo vi è tutto quello che c’è da sapere sulla nascita, le velleità e la potenzialità rivelata di un territorio d’eccellenza enologica. La presenza di sangiovese, nei primi anni del vino dal 2004 con il 30% fino al 2008 con il 5%, rappresenta una spina dorsale che sorregge il 2004 e il 2005 ancora vivi e scalpitanti. Il contributo del sangiovese viene meno fino a sparire del tutto nella vendemmia 2009.
Tra il 2007 e il 2010 sono gli anni più incerti del vino che evidenzia concentrazioni fuor di misura e dinamiche gustative prive di naturalezza espressiva.
Dal 2011 il timbro della materia assume consistenze più succose e slanciate. Vi è una presa di coscienza evidente nella gestione delle estrazioni e ogni bicchiere diventa sempre più riflesso e racconto della vendemmia. La centralità del sorso è occupata dal frutto nitido più largo e voluminoso, in annate generose come la 2012, 2013 e 2015 (per me buonissima), più compito e austero in vendemmie maggiormente equilibrate come la 2016 anch’essa di ottima prospettiva. È in tutte una sorta di spontaneità espressiva che orienta la degustazione verso il territorio di riferimento. In questo è il successo più confortante del pluridecennale lavoro di Cinzia Merli e della sua squadra: aver messo in relazione attraverso la serietà di pratiche viticole virtuose i vini prodotti con un territorio di origine in grado di esibire la propria qualità partendo dalla terra.