Ho preso una vigna sotto casa in località All’Erta, nome col quale battezzerò anche il vigneto. Sono venti filari in un piccolo appezzamento a metà collina; 10 quintali di vino in totale se l’annata sarà buona. L’idea di avere damigiane di vino a disposizione è stata la motivazione principale che mi ha spinto ad accettare l’offerta di un ragazzo senza più tempo per badare la vigna del padre che è stata anche del nonno. Poi il pensiero della vendemmia: invitare famigliari e amici a raccogliere e mangiare in un giorno che speriamo sia d’assembramento totale strapieno di musica e vino e forno acceso. E ancora un pensiero ai miei bambini che potranno vedere finalmente la gioia dell’uva pestata che diventerà vino… ma prima di quel giorno ci sarà da lavorare; a partire dalla potatura, da ora che la luna è calante come dice il mio consulente. Già perché la potatura è un bel rebus. La prima volta che sono entrato in vigna ho provato una totale sensazione di smarrimento: mi sono perso davanti a piante contorte e monumentali; totem vegetali cristallizzati dall’ultima vendemmia che spargevano ghirigori di tralci impossibili da codificare.

 

Ricordo di aver urlato al mio socio, intento a pisciare, a mo’ di rituale, al muro di bambù in fondo alla vigna «Leo, è un casino!».

 

Le vigne dei paesi sono diverse dalle vigne delle aziende a reddito. Le chiamo “dei paesi” perché sono una presenza quotidiana nel continuo andirivieni degli abitanti dei piccoli centri abitati che caratterizzano le campagne italiane. Un patrimonio collettivo quindi che è parte di uno scenario consueto, conosciuto e consolatorio, forse inconsapevole di arricchire la bellezza timida del paesaggio interno e mai abbastanza celebrato della penisola. La differenza tra queste e i vigneti specializzati balza agli occhi: è la forma d’insieme delle piante che mantengono in questi angoli nascosti un portamento quasi selvatico che mal si accosta alla serialità militaresca dei vigneti in qualsiasi zona a denominazione di origine. Quello che ho intorno a me, con i piedi in mezzo ai filari, è uno scenario anarchico; ogni individuo vegetale ha una storia a sé, impossibile da ricondurre a una prassi della potatura. Penso a un video del mitico Marco Simonit e alle sue parole «Tocco la pianta, seguo il fusto e cerco il canale naturale dell’uscita linfatica»; qui niente del genere, se seguissi il fusto probabilmente mi slogherei una spalla (qui il link). Eppure c’è qualcosa di bello in questo disordine; ogni pianta è frutto di una indecisione appassionata. I fusti sono alti e la quantità di legno notevole; le direzioni sono le più fantasiose possibili con tronchi principali che compiono vere e proprie curve ritorte sul proprio asse. Purtroppo per garantire una vita ancora più lunga a queste piante devo tagliare molto di quei legni frutto di una storia lunga almeno quaranta anni e di decisioni altrui. Nella maggior parte dei casi, accanto al fusto principale sono stati fatti partire, dal basso, tralci che dovevano, nelle intenzioni di chi ha potato prima di me, costituire la vite del futuro. Il fatto è che non è mai stata presa una decisione netta nel ripartire, tagliare con il passato e creare un nuovo individuo. Così lo farò io, forte dell’insegnamento di Dora Forsoni, vignaiola a Montepulciano, e memore delle sue vigne che rinascono proprio grazie a quei timidi tralci che partono dal basso. Ma prima di avere il coraggio di afferrare il segacchio e recidere, vi sottopongo, a mo’ di esempio, il mio modo di operare.

 

Nella foto qui sotto la vite in questione

 

La freccia indica dove taglierò il legno vecchio

 

Ed ecco, in una rara foto a colori su questo sito, la successione di tagli che farò 

Il taglio A andrà  a recidere il legno vecchio, quello che avete visto nella prima foto;

Il taglio B taglia un tralcio a frutto lasciato l’anno scorso per indecisione;

Il taglio è lo sperone del prossimo anno;

Il taglio è il capo a frutto di questo anno.

Così farò, a meno che qualcuno non mi dica con giudizio che è totalmente sbagliato, nella speranza di avere abbastanza vino per il prossimo anno.

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Da Pubblicato il: 3 Febbraio 2021Categorie: Blog1 Comment

One Comment

  1. Leonardo 4 Febbraio 2021 at 22:42 - Reply

    Viva il vino vivo!!

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